Catone in Utica, Venezia, Buonarigo, 1729, II edizione

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile.
 
 CESARE e FULVIO
 
 CESARE
 Tutto amico ho tentato. Andiamo, ormai
 giusto è il mio sdegno, ho tolerato assai.
 FULVIO
1195Ferma, tu corri a morte.
 CESARE
 Perché?
 FULVIO
                  Già su le porte
 d'Utica v'è chi nell'uscir ti deve
 privar di vita.
 CESARE
                             E chi pensò la trama?
 FULVIO
 Emilia, ella mel disse, ella confida
1200nell'amor mio, tu 'l sai.
 CESARE
                                             Coll'armi in pugno
 ci apriremo la via. Vieni.
 FULVIO
                                                Raffrena
 quest'ardor generoso. Altro riparo
 offre la sorte.
 CESARE
                           E quale?
 FULVIO
                                              Un che fra l'armi
 milita di Catone infino al campo
1205per incognita strada
 ti condurrà.
 CESARE
                         Chi è questi?
 FULVIO
 Floro s'appella, uno è di quei che scelse
 Emilia a trucidarti, ei vien pietoso
 a palesar la frode
1210e ad aprirti lo scampo.
 CESARE
                                            Ov'è?
 FULVIO
                                                          Ti attende
 d'Iside al fonte. Egli m'è noto, a lui
 fidati pur. Intanto al campo io riedo
 e per renderti più la via sicura
 darò l'assalto alle nemiche mura.
 CESARE
1215E fidarmi così?
 FULVIO
                               Sgombra i sospetti.
 Avran di te che sei
 la più grand'opra lor cura gli dei. (Parte)
 
 SCENA II
 
 CESARE, poi MARZIA
 
 CESARE
 Quanti aspetti la sorte
 cangia in un giorno!
 MARZIA
                                        Ah Cesare che fai.
1220Come in Utica ancor.
 CESARE
                                         Le insidie altrui
 mi son d'inciampo.
 MARZIA
                                      Per pietà se m'ami,
 come parte del mio
 difendi il viver tuo. Cesare addio.
 CESARE
 Fermati, dove fuggi?
 MARZIA
1225Io stessa non so dirlo, il padre irato
 vuol la mia morte. (Oh dio
 giungesse mai). Non m'arrestar, la fuga
 sol può salvarmi.
 CESARE
                                  Abbandonata e sola
 arrischiarti così? Ne' tuoi perigli
1230seguirti io deggio.
 MARZIA
                                    No s'è ver che m'ami
 me non seguir, pensa a te sol, non dei
 meco venire, addio... Ma senti, in campo
 com'è tuo stil se vincitor sarai
 oggi del padre mio
1235risparmia il sangue, io te ne priego. Addio.
 CESARE
 T'arresta anche un momento.
 MARZIA
                                                        È la dimora
 perigliosa per noi, potrebbe... Io temo...
 Deh lasciami partir.
 CESARE
                                        Così t'involi?
 MARZIA
 Crudel da me che brami? È dunque poco
1240quanto ho sofferto? Ancor tu vuoi ch'io senta
 tutto il dolor d'una partenza amara?
 Lo sento sì, non dubbitarne, il pregio
 d'esser forte m'hai tolto. Invan sperai
 lasciarti a ciglio asciuto. Ancora il vanto
1245del mio pianto volesti, ecco il mio pianto.
 CESARE
 Ahimè l'alma vacilla!
 MARZIA
 Chi sa se più ci rivedremo e quando.
 Chi sa che il fato rio
 non divida per sempre i nostri affetti.
 CESARE
1250E nell'ultimo addio tanto ti affretti?
 MARZIA
 
    Confusa, smarrita
 spiegarti vorrei
 che fosti... che sei...
 Intendimi oh dio!
1255Parlar non poss'io,
 mi sento morir.
 
    Fra l'armi se mai
 di me ti rammenti
 io voglio... Tu sai...
1260Che pena! Gli accenti
 confonde il martir.
 
 SCENA III
 
 CESARE, poi ARBACE
 
 CESARE
 Qual'insoliti moti
 al partir di costei prova il mio core!
 Dunque al desio d'onore
1265qualche parte usurpar de' miei pensieri
 potrà l'amor?
 ARBACE
                            M'inganno (Nell’uscir si ferma)
 o pur Cesare è questi?
 CESARE
                                            Ah l'esser grato,
 aver pietà d'un'infelice alfine
 debolezza non è. (In atto di partire)
 ARBACE
                                  Fermati e dimmi
1270qual ardir, qual disegno
 t'arresta ancor fra noi?
 CESARE
                                            (Questi chi fia?)
 ARBACE
 Parla?
 CESARE
               Del mio soggiorno
 qual cura hai tu?
 ARBACE
                                  Più che non pensi.
 CESARE
                                                                      Ammiro
 l'audacia tua ma non so poi se ai detti
1275corrisponda il valor.
 ARBACE
                                       Se l'assalirti
 dove ho tante diffese e tu sei solo
 non paresse viltade, or ne faresti
 prova a tuo danno.
 CESARE
                                     E come mai con questi
 generosi riguardi Utica unisce
1280insidie e tradimenti?
 ARBACE
                                          Ignote a noi
 furon sempre quest'armi.
 CESARE
                                                  E pur si tenta
 nell'uscir ch'io farò da queste mura
 di vilmente assalirmi.
 ARBACE
                                           E qual saria
 sì malvaggio fra noi?
 CESARE
                                         Nol so, ti basti
1285saper che v'è.
 ARBACE
                            Se temi
 della fé di Catone o della mia
 t'inganni. Io t'assicuro
 che alle tue tende or ora
 illeso tornerai ma in quelle poi
1290men sicuro sarai forse da noi.
 CESARE
 Ma chi sei tu che meco
 tanta virtù dimostri e tanto sdegno?
 ARBACE
 Né mi conosci?
 CESARE
                               No.
 ARBACE
                                         Son tuo rivale
 nell'armi e nell'amor.
 CESARE
                                          Dunque tu sei
1295il prencipe numida
 a Marzia amante, al genitor sì caro?
 ARBACE
 Sì quello io sono.
 CESARE
                                  Ah se pur l'ami Arbace
 la siegui, la raggiungi, ella s'invola
 del padre all'ira intimorita e sola.
 ARBACE
1300Dove corre?
 CESARE
                         Nol disse.
 ARBACE
 A rintracciarla or vado.
 Ma no, prima al tuo campo
 deggio aprirti la strada. Andiam.
 CESARE
                                                              Per ora
 il periglio di lei
1305è più grave del mio. Vanne.
 ARBACE
                                                     Ma teco
 manco al dover se qui ti lascio.
 CESARE
                                                          Eh pensa
 Marzia a salvare, io nulla temo, è vana
 una insidia palese.
 ARBACE
 Ammiro il tuo gran cor. Tu del mio bene
1310al soccorso m'affretti, il tuo non curi
 e colei che t'adora
 con generoso eccesso
 rival confidi al tuo rivale istesso.
 
 Vedi in fine
 
    Sarebbe un bel diletto
1315il sospirar d'amor
 ma sempre aver in petto
 la gelosia nel cor
 lo rende affanno.
 
    Quell'amator che crede
1320goder senza penar
 o che il suo error non vede
 o ch'egli vuole amar
 sol con inganno.
 
 SCENA IV
 
 CESARE
 
 CESARE
 Del rivale all'aita
1325or che Marzia abbandono ed or che il fato
 mi divide da lei, non so qual pena
 incognita finor m'agita il petto.
 Taci importuno affetto.
 No, fra le cure mie luogo non hai,
1330se a più nobil desio servir non sai.
 
    Al vento che la scuote
 quercia colà sul monte
 turbata ha sol la fronte
 e fermo il piede.
 
1335   Se un cieco amor m'alletta
 e a un vil rossor m'affretta,
 onor ch'è in me sì forte
 a quel non cede.
 
 SCENA V
 
  Luogo ombroso circondato d’alberi con fonte d’Iside da un lato e dall’altro ingresso praticabile di acquedotti antichi.
 
 EMILIA con gente armata
 
 EMILIA
 È questo amici il luogo ove dovremo
1340la vittima svenar. Fra pochi istanti
 Cesare giungerà. Chiusa è l'uscita
 per mio comando, onde non v'è per lui
 via di fuggir. Voi qui d'intorno occulti
 attendete il mio cenno. Ecco il momento (La gente si dispone e si asconde)
1345sospirato da me. Vorrei... Ma parmi
 ch'altri s'appressi! È questi
 certamente il tiranno. Aita o dei.
 Se vendicata or sono
 ogni oltraggio sofferto io vi perdono. (Si asconde)
 
 SCENA VI
 
 CESARE e detti
 
 CESARE
1350Ecco d'Iside il fonte. Ai noti segni
 questo il varco sarà. Floro. M'ascolti?
 Floro. Nol veggio più. Fin qui condurmi
 poi dileguarsi! Io fui
 troppo incauto in fidarmi. Eh non è questo
1355il primo ardir felice. Io di mia sorte
 feci in rischio maggior più certa prova. (Nell’entrar s’incontra in Emilia che esce dagli acquedoti)
 EMILIA
 Ma questa volta il suo favor non giova.
 CESARE
 Emilia!
 EMILIA
                  È giunto il tempo
 delle vendete mie.
 CESARE
                                     Fulvio ha potuto
1360ingannarmi così?
 EMILIA
                                   No, dell'inganno
 tutta la gloria è mia. Della sua fede
 giurata a te contro di te mi valsi
 perché impedisse il tuo ritorno al campo.
 A Fulvio io figurai
1365d'Utica su le porte i tuoi perigli.
 Per condurti ove sei, Floro io mandai
 con simulato zelo a palesarti
 questa incognita strada. Or dal mio sdegno
 se puoi t'invola.
 CESARE
                                Un feminil pensiero
1370quanto giunge a tentar!
 EMILIA
                                              Forse volevi
 che insensati gli dei sempre i tuoi falli
 soffrissero così? Che sempre il mondo
 pianger dovesse in servitù dell'empio
 suo barbaro oppressor? Che l'ombra grande
1375del tradito Pompeo
 eternamente invendicata errasse?
 Folle. Contro i malvaggi
 quando più gli assicura
 allor le sue vendette il ciel matura.
 CESARE
1380Alfin che chiedi?
 EMILIA
                                  Il sangue tuo.
 CESARE
                                                             Sì lieve
 non è l'impresa.
 EMILIA
                                 Or lo vedremo. Amici
 l'usurpator svenate. (Esce la gente)
 CESARE
 Prima voi caderete. (Cava la spada)
 
 SCENA VII
 
 CATONE e detti
 
 CATONE
                                        Olà fermate.
 EMILIA
 (Fato avverso!)
 CATONE
                               Che miro! Allorch'io cerco
1385la fuggitiva figlia
 te in Utica ritrovo in mezzo all'armi.
 Che si vuol? Che si tenta?
 CESARE
 La morte mia ma con viltà.
 CATONE
                                                    Chi è reo
 di sì basso pensiero?
 CESARE
1390Emilia.
 CATONE
                 Emilia!
 EMILIA
                                  È vero.
 Io fra noi lo ritenni. In questo loco
 venne per opra mia. Qui voglio all'ombra
 dell'estinto Pompeo svenar l'indegno.
 Non turbar nel più bello il gran disegno.
 CATONE
1395E romana qual sei
 speri adoprar con lode
 la greca insidia e l'africana frode.
 EMILIA
 È virtù quell'inganno
 che dall'indegna soma
1400libera d'un tiranno il mondo e Roma.
 CATONE
 Non più, parta ciascuno. (La gente d’Emilia parte)
 EMILIA
                                                E tu difendi
 un ribelle così?
 CATONE
                               Suo difensore
 son per tua colpa.
 CESARE
                                   (O generoso core!) (Ripone la spada)
 EMILIA
 Momento più felice
1405pensa che non avrem.
 CATONE
                                           Parti e ti scorda
 l'idea d'un tradimento.
 EMILIA
 Veggo il fato di Roma in ogni evento. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 CATONE e CESARE
 
 CESARE
 Lascia che un'alma grata
 renda alla tua virtù...
 CATONE
                                         Nulla mi devi.
1410Mira se alcun vi resta
 armato a' danni tuoi.
 CESARE
                                         Partì ciascuno. (Guardando intorno)
 CATONE
 D'altre insidie hai sospetto?
 CESARE
                                                      Ove tu sei
 chi può temerle.
 CATONE
                                 E ben stringi quel brando.
 Risparmi il sangue nostro
1415quello di tanti eroi.
 CESARE
 Come!
 CATONE
                Se qui paventi
 di nuovi tradimenti
 scegli altro campo e decidiam fra noi.
 CESARE
 Ch'io pugni teco! Ah non fia ver. Saria
1420della perdita mia
 più infausta la vittoria.
 CATONE
                                             Eh non vantarmi
 tanto amor, tanto zelo, all'armi, all'armi.
 CESARE
 A cento schiere in faccia
 si combatta se vuoi ma non si vegga
1425per qualunque periglio
 contro il padre di Roma armarsi un figlio.
 CATONE
 Eroici sensi e strani
 a un seduttor delle donzelle in petto.
 Sarebbe mai difetto
1430di valor, di coraggio
 quel color di virtù?
 CESARE
                                      Cesare soffre
 di tal dubbio l'oltraggio!
 Ah se alcun si ritrova
 che ne dubiti ancora ecco la prova.
 
 SCENA IX
 
 EMILIA e detti
 
 EMILIA
1435Siam perduti.
 CATONE
                             Che fu?
 EMILIA
                                              L'armi nemiche
 su le assalite mura
 si veggono apparir. Non basta Arbace
 a incoraggire i tuoi. Se tardi un punto
 oggi all'estremo il nostro fato è giunto.
 CATONE
1440Di private contese
 Cesare non è tempo.
 CESARE
                                        A tuo talento
 parti o t'arresta.
 EMILIA
                                 Ah non tardar. La speme
 si ripone in te solo.
 CATONE
 Volo al cimento. (Parte)
 CESARE
                                 Alla vittoria io volo. (Parte)
 
 SCENA X
 
 EMILIA
 
 EMILIA
1445Chi può nelle sventure
 eguagliarsi con me. Spesso per gli altri
 e parte e fa ritorno
 la tempesta, la calma e l'ombra e il giorno.
 Sol io provo degli astri
1450la costanza funesta.
 Sempre notte è per me, sempre è tempesta.
 
    Nacqui agli affanni in seno,
 ognor così penai
 né viddi un raggio mai
1455per me sereno in ciel.
 
    Sempre un dolor non dura.
 Ma quando cangia tempre
 sventura da sventura
 si riproduce e sempre
1460la nuova è più crudel.
 
 SCENA XI
 
  Gran piazza d’armi dentro le mura d’Utica. Parte di dette mura diroccate. Campo di cesariani fuori della città con padiglioni, tende e machine militari.
 
 Nell’aprirsi della scena si vede l’attacco sopra le mura e poi seguir la battaglia formale con la vittoria de’ cesariani, indi CATONE con spada alla mano
 
 CATONE
 Vincesti inique stelle. Ecco distrugge
 un punto sol di tante etadi e tante
 il sudor, la fatica. Ecco soggiace
 di Cesare all'arbitrio il mondo intero.
1465Dunque, chi 'l crederia! per lui sudaro
 i Metelli, i Scipioni? Ogni romano
 tanto sangue versò sol per costui?
 E l'istesso Pompeo sudò per lui?
 Misera libertà, patria infelice,
1470ingratissimo figlio! Altro il valore
 non ti lasciò degl'avi
 nella terra già doma
 da soggiogar che il Campidoglio e Roma.
 Ah non potrai tiranno
1475trionfar di Catone. E se non lice
 viver libero ancor, si vegga almeno
 nella fatal ruina
 spirar con me la libertà latina.
 
 SCENA XII
 
 MARZIA da un lato, ARBACE dall’altro e detto
 
 MARZIA
 Padre.
 ARBACE
                Signor.
 A DUE
                                T'arresta.
 CATONE
                                                    Al guardo mio
1480ardisci ancor di presentarti ingrata?
 ARBACE
 Una misera figlia
 lasciar potresti in servitù sì dura?
 CATONE
 Ah questa indegna oscura
 la gloria mia.
 MARZIA
                           Che crudeltà! Deh ascolta
1485i prieghi miei.
 CATONE
                              Taci.
 MARZIA
                                          Perdono o padre, (S’inginocchia)
 caro padre pietà. Questa che bagna
 di lagrime il tuo piede è pur tua figlia.
 Ah volgi a me le ciglia,
 vedi almen la mia pena.
1490Guardami una sol volta e poi mi svena.
 ARBACE
 Placati alfine.
 CATONE
                            Or senti.
 Se vuoi che l'ombra mia vada placata
 al suo fatal soggiorno, eterna fede
 giura ad Arbace e giura
1495all'oppressore indegno
 della patria e del mondo eterno sdegno.
 MARZIA
 (Morir mi sento).
 CATONE
                                   E pensi ancor? Conosco
 l'animo avverso. Ah da costei lontano
 volo a morir.
 MARZIA
                           No genitore, ascolta,
1500tutto farò. Vuoi che ad Arbace io serbi
 eterna fé? La serberò. Nemica
 di Cesare mi vuoi? Dell'odio mio
 contro lui ti assicuro.
 CATONE
 Giuralo.
 MARZIA
                   (Oh dio!) Su questa man lo giuro.
 ARBACE
1505Mi fa pietade.
 CATONE
                             Or vieni
 fra queste braccia e prendi
 gli ultimi amplessi miei figlia infelice.
 Son padre alfine e nel momento estremo
 cede ai moti del sangue
1510la mia fortezza. Ah non credea lasciarti
 in Africa così.
 MARZIA
                            Questo è dolore!
 CATONE
 Non seduca quel pianto il mio valore.
 
    Per darvi alcun pegno
 di affetto il mio core
1515vi lascia uno sdegno,
 vi lascia un amore
 ma degno di voi,
 ma degno di me.
 
 MARZIA
 Seguiamo i passi suoi.
 ARBACE
                                            Non s'abbandoni
1520al suo crudel desio. (Parte)
 MARZIA
 Deh serbatemi o numi il padre mio.
 
 SCENA XIII
 
  Cesare portato dai soldati sopra carro trionfale formato di scudi e d’insegne militari secondo il costume de’ Romani, preceduto dall’esercito vittorioso, da schiavi numidi, istrumenti bellici e popolo.
 
  Terminata la sinfonia Cesare scende dal carro, quale disfacendosi, ciascuno de’ soldati che lo componevano si pone in ordinanza con gli altri.
 
 CESARE e FULVIO
 
 CESARE
 Il vincer o compagni
 non è tutto valor. La sorte ancora
 ha parte ne' trionfi. Il proprio vanto
1525del vincitore è il moderar sé stesso
 né incrudelir su l'inimico oppresso.
 Con mille e mille abbiamo
 il trionfar commune,
 il perdonar non già. Questa è di Roma
1530domestica virtù. Se ne rammenti
 oggi ciascun di voi. D'ogni nemico
 risparmiate la vita e con più cura
 conservate in Catone
 l'esempio degli eroi
1535a me, alla patria, all'universo, a voi.
 FULVIO
 Cesare non temerne. È già sicura
 la salvezza di lui. Corse il tuo cenno
 per le schiere fedeli.
 
 SCENA ULTIMA
 
 MARZIA, EMILIA e detti
 
 MARZIA
 Lasciatemi o crudeli.
1540Voglio del padre mio
 l'estremo fato accompagnare anch'io.
 FULVIO
 Che fu?
 CESARE
                  Che ascolto.
 MARZIA
                                          Ah qual oggetto! Ingrato (A Cesare)
 va', se di sangue hai sete, estinto mira
 l'infelice Catone. Eccelsi frutti
1545del tuo valor son questi. Il più dell'opra
 ti resta ancor. Via quell'acciaro impugna
 e in faccia a queste squadre
 la disperata figlia unisci al padre. (Piange)
 CESARE
 Ma come... Per qual mano?...
1550Si trovi l'uccisor.
 EMILIA
                                  Lo cerchi invano.
 MARZIA
 Volontario morì. Catone oppresso
 rimase, è ver, ma da Catone istesso.
 CESARE
 Roma chi perdi!
 EMILIA
                                 Roma
 il suo vindice avrà.
 MARZIA
                                     Palpita ancora
1555la grand'alma di Bruto in qualche petto.
 CESARE
 Emilia io giuro ai numi...
 EMILIA
                                                 I numi avranno
 cura di vendicarci; assai lontano
 forse il colpo non è; per pace altrui
 l'affretti il cielo e quella man che meno
1560credi infedel, quella ti squarci il seno.
 CESARE
 Tu Marzia almen rammenta...
 MARZIA
                                                         Io mi rammento
 che son per te d'ogni speranza priva,
 orfana, desolata e fuggitiva.
 Mi rammento che al padre
1565giurai d'odiarti e per maggior tormento
 che un ingrato adorai pur mi rammento.
 FULVIO
 Quando trionfi ogni perdita è lieve.
 CESARE
 Ah se costar mi deve
 i giorni di Catone il serto, il trono,
1570ripigliatevi o numi il vostro dono. (Getta il lauro)
 
 FINE